Se si è iscritti a LinkedIn e si è costretti a frequentarlo non tanto per il piacere di scambiarsi opinioni professionali quanto per cercare lavoro, una domanda sorgerebbe quasi spontanea: in un mondo di soli manager, il vero lavoro, quello che muove il mondo per intenderci, chi lo svolge?
La verità è che le generazioni che oggi si affacciano al mondo del lavoro (con colpevole o meno ritardo) hanno un pragmatismo diverso rispetto a quelle che le hanno precedute. Generazioni col mito prima del posto fisso, poi della scalata sociale spesso scaricata sui figli e caricando di aspettative la laurea, e che ora devono fare i conti con pregiudizi di ogni tipo su quelle che sono quelle professioni che fanno girare l’Universo. Così come un tempo il proprio ufficio con la propria scrivania e una carica altisonante erano sinonimo di successo professionale (al pari di un’alta retribuzione), ora le prerogative di chi cerca lavoro sono diverse, probabilmente anche più oneste. Lo stipendio conta sempre, ma al pari di autonomia, possibilità di gestire tempi e spazi in maniera diversa, avere la possibilità di spostarsi per lavoro fuori confine e altre considerazioni come possibilità occupazionali reali e fiducia di stabilità reciproca (quindi non solo dell’azienda nei confronti del lavoratore ma anche del lavoratore nei confronti dell’azienda). Anche le opportunità di carriera un tempo ritenute scarne ora per alcuni mestieri artigiani sono quasi al pari di quelle nelle grandi e grandissime aziende per posizioni apicali (si veda solo a titolo esemplificativo ai pasticcieri).
Così quelli che per decenni sono stati ritenuti lavori “umili” ora sono addirittura agognati e basterebbe guardare ai curricula dei candidati operatori ecologici dell’ultimo concorso di ASIA (la partecipata del Comune di Napoli che gestisce la nettezza urbana) per comprendere che ora stare per strada a occuparsi del decoro urbano è motivo di orgoglio e pone il lavoratore nell’occhio delle invidie di quanti cercano ancora la propria stabilità lavorativa e professionale saltando da un lavoro sottopagato all’altro, nonostante PC e scrivania. Talmente malpagato, talmente alienante e talmente frustante che, quasi quasi, l’idea di tornare al contatto con la natura e iscriversi a un corso di manutentore del verde inizia a essere non una buona ma un’ottima idea.
Ritorno ai mestieri tradizionali: i numeri
A confermare tale trend basterebbe dare un occhio alle richieste di lavoro che ci sono in giro per il web. A cristallizzare lo stato dell’arte però ci sono più studi di settore che possiamo citare: secondo un rapporto di Unioncamere, ad esempio, le professioni manuali specializzate sono tra le più richieste nel mercato del lavoro italiano, con un tasso di disoccupazione notevolmente inferiore rispetto ad altre professioni. Inoltre, la difficoltà nel trovare personale qualificato spinge verso l’alto i salari offerti e a confermarlo c’è un’altra indagine, quella del Centro Studi CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa) che evidenzia come un elettricista qualificato possa guadagnare in media tra i 30.000 e i 50.000 euro all’anno, con punte superiori in contesti urbani o in casi di alta specializzazione. Questi compensi sono spesso superiori a quelli percepiti da impiegati in ruoli amministrativi di livello medio.
Stessa situazione a livello europeo: dati raccolti da Eurostat indicano che le professioni artigianali e manuali, in particolare nel settore alimentare (come i panettieri e i pizzaioli che ad esempio si formano con il corso per pizzaioli), hanno visto un aumento dei guadagni del 10-15% negli ultimi anni, superando spesso i salari di molte posizioni d’ufficio, specialmente quelle entry-level. Nel caso dei pizzaioli, inoltre, abbiamo già raccontato della possibilità di fare carriera in maniera molto più agile di altre professioni d’ufficio.
Un sacrificio? Macché!
Si potrebbe obiettare che a far propendere per professioni come quella dell’idraulico, del parrucchiere o del meccanico, nobili arti che un tempo si imparavano in bottega e che ora sono fortunatamente rimandate e tramandate grazie alla formazione professionale, siano quindi le sole opportunità lavorative. Ma anche questa opinione è opinabile (il lettore ci perdoni il gioco di parole): Gallup, organizzazione di ricerca e consulenza leader a livello globale, attraverso gli esiti di un sondaggio ha rilevato che i lavoratori impiegati in professioni manuali qualificati spesso riportano un livello di soddisfazione superiore rispetto a coloro impiegati in ruoli d’ufficio. La sensazione di realizzazione e il riconoscimento economico sono citati come fattori chiave.
Del resto, la soddisfazione personale derivante da una professione tradizionale è spesso più alta rispetto a lavori d’ufficio che, pur prestigiosi, possono risultare alienanti. La possibilità di vedere il frutto del proprio lavoro, di creare qualcosa di utile e duraturo o che abbia un evidente e concreto riscontro nelle vite degli altri e sulla propria comunità, offre un appagamento che è difficile trovare in carriere più astratte, superati anche i bias di qualche decennio fa e calandoci in un nuovo contesto sociale.